In una casa di Eraclea mezza tonnellata di materiale esplosivo

Gli inquirenti ne erano convinti: l’arsenale dei casalesi del boss Luciano Donadio si trovava a Eraclea, nella casa di Marcellino Sorrentino. Nel garage dell’abitazione del 62enne originario di Marigliano (Napoli), gli investigatori hanno trovato (e sequestrato) quasi mezza tonnellata di materiale esplosivo. Fuochi d’artificio in quantità decisamente importanti: 414 chili ed in parte privi di ogni marchio e precario confezionamento tenuti senza le previste cautele, pericolosamente ammassati, in parte in armadi di ferro in parte a terra e comunque rischiosamente vicino a del materiale altamente infiammabile (alcol, acidi). Sorrentino, durante il sequestro, si è giustificato con gli agenti spiegando che aveva in garage quel materiale da circa tre anni. «Sono fuochi che uso in occasione delle festività di fine anno, questo sarebbe stato l’ultimo». Se li avesse esplosi davvero a capodanno, comunque, sarebbe stato sicuramente uno spettacolo memorabile: si pensi che per il Redentore, mediamente si usano 3 tonnellate di esplosivi. Una mezza tonnellata, quindi, per una festa casalinga è una quantità di una certa rilevanza. L’ipotesi è che Sorrentino potesse venderli sottobanco per arrotondare. Ma c’è anche il sospetto che quella dei botti fosse una copertura, la polvere da sparo può essere riutilizzata in molti modi. Si possono costruire bombe carta e altri ordigni artigianali, materiale che per estorsioni e intimidazione, uno dei settori prediletti da Donadio e soci, tornano decisamente utili. Per il momento, però, sono solo ipotesi: riscontri effettivi dell’utilizzo di quel materiale ritrovato nel garage di Sorrentino, al momento non ne sono arrivati. Gli investigatori erano arrivati a Sorrentino sulla basi delle dichiarazioni del pentito Antonio Puoti, nipote di Donadio. Anche armi, custodite in un borsone nero. Due mitragliette, sette o otto pistole. A portarle un certo Dino (di cui Puoti non ricordava il cognome). Quando Donadio chiese a questi dove venissero nascoste le armi, Dino rispose: «Sono a casa di Marcello», secondo Puoti «un ex dipendente dell’esercito che adesso faceva da “custode” a un capannone».

Scritto da Davide Tamiello per il quotidiano “Il Gazzettino